Il Burro

Il burro è un alimento ottenuto a partire dalla crema di latte, verosimilmente messo a punto intorno al 3.500 a. C. dai primi allevatori Sumeri, inventori anche della zangola, ovvero l’apparecchio per ricavare il burro tramite battitura. I Romani guardano al burro con la diffidenza riservata alle abitudini barbare; ma a partire dal Medioevo, la civiltà del burro è promossa dai Carolingi e dagli ordini monastici in prevalenza nella Mitteleuropa e al Nord, rimanendo legata al sostrato celtico e ai paesi protestanti, in netta opposizione rispetto all’olio d’oliva di ambito mediterraneo.

Per naturale affioramento, la crema di latte tende a separarsi dal latte medesimo nelle ore successive alla mungitura, in quanto più leggera: in volume, 0,918 g/cm cubi a 20° C. Qualità organolettiche, consistenza e colore variano a seconda della stagione, dei metodi di lavorazione, della razza di provenienza e della stagionalità: in estate, ad esempio, quando vi è ampia disponibilità di foraggio fresco ricco in betacaroteni, la colorazione è generalmente più accentuata. Il latte contiene più di 500 acidi grassi diversi, i quali, associati al glicerolo, formano i trigliceridi delle materie grasse. Il burro è appunto una mescolanza di trigliceridi, estremamente variabili da tipologia a tipologia in funzione di razza, alimentazione e territorio, con punto di fusione fra i 25 e i 35 gradi circa. Per secoli il procedimento è rimasto lo stesso, con minime varianti tecniche, lasciando riposare la materia prima una quindicina di ore a 14-16 gradi. Tale fase preliminare è detta, in gergo tecnico, maturazione, e ha lo scopo di favorire sia processi biologici (di acidificazione e aromatizzazione, con formazione di diacetile) che fisici (stabilizzazione e cristallizzazione della materia grassa). Allo scopo di garantire e uniformare tali processi, la crema di latte può essere insemenzata con fermenti lattici selezionati. La zangola tradizionale, verticale o orizzontale, separa con movimento meccanico ripetuto i globuli di grasso contenuti nella crema, che nel tempo di mezz’ora-un’ora sempre più si addensa e si agglomera, liberando un liquido sieroso piuttosto acidulo, chiamato latticello, ancora utilizzabile come ingrediente di cucina. L’ammasso flocculato che si estrae dall’apposito sportelletto va ancora lavorato manualmente per eliminare il più possibile ogni gocciolina di siero (che ne pregiudica finezza e conservabilità) e ottenere una consistenza morbida e uniforme. Il panetto ottenuto va sciacquato in acqua purissima e infine salato se la tipologia lo richiede. Al pari dei torchi e dei vecchi tini del mondo contadino, le zangole in legno per la lavorazione discontinua sono oramai pezzi da museo, sostituite ovunque da moderne zangolatrici in acciaio a ciclo continuo, in grado di garantire in un secondo risultati ad altissimo livello.

Nel nostro paese vi è però scarsissima sensibilità per il burro artigianale, tanto più per le produzioni di nicchia (malga ecc.) che ancora sopravvivono, tanto che non vi è alcun marchio di tutela. In Francia, all’opposto, (leader dei consumi con 8,3 kg annui pro capite) si contano ben 3 DOP riconosciute in Europa: Isigny, Charentes-Poitou e Deux-Sèvres, oltre al belga Beurre d’Ardenne, protetto da decreto reale fin dal 1984. La conservazione del burro è limitata dall’ossigeno presente nell’aria, che ne degrada le componenti lipidiche assieme a raggi ultravioletti e calore. Lo stoccaggio in frigorifero, al riparo dalla luce e dall’aria, ne rallenta l’irrancidimento, assieme all’eventuale aggiunta di sale, che è un conservante naturale. Ricco di vitamina A, è anche una buona fonte di vitamine D ed E. Come tutti i grassi, apporta all’organismo un notevole quantitativo di calorie, 730 per 100 grammi; la differenza rispetto all’olio di oliva è dovuta alle particelle di acqua che entrano in emulsione, conferendo al burro l’aspetto di un grasso solido.

Tratto da una pubblicazione di Daniele Maestri